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I sistemi di estrazione del caffè

Verso la metà del XVII secolo il caffè arrivò in Europa e la sua preparazione domestica ricalcava quella dei paesi d’origine. Venivano utilizzate cuccume e bricchi in latta stagnata o i più raffinati samovar in rame, ottone, peltro o argento. Con il sistema della bollitura si otteneva una bevanda piuttosto densa e aspra che lasciava in bocca i residui dei fondi. Tali caratteristiche, insieme all’alto costo del prodotto, non entusiasmarono il “Vecchio Continente” e ciò non ne incentivò di certo il consumo e la diffusione.  

Fu questo l’inizio di ben tre secoli di invenzioni, prove e modifiche, alla ricerca del giusto sistema per la preparazione della nera bevanda, affinché l’intero aroma del chicco tostato potesse ritrovarsi intatto e armonizzato nella tazzina da sorseggiare. Tuttavia, date le scarse conoscenze chimiche-fisiche-organolettiche del prodotto, preparare una buona tazza di caffè comportava problematiche di grande complessità, tenuto soprattutto conto delle innumerevoli variabili implicate nella sua preparazione come:  qualità del chicco crudo; uniformità e tempi di tostatura; conservazione, tipo e grado di macinatura; qualità, temperatura e pressione dell’acqua; tempi di infusione; rapporto tra quantità d’acqua e macinato di caffè. 

I primi inventori che si cimentarono nella creazione di macchine per il caffè sapevano ben poco sulle corrette ‘relazioni di base’. Fu durante il XIX secolo che venne progettato, brevettato, costruito, successivamente modificato e commercializzato tutto quello che si poteva concepire in fatto di metodologie per estrarre la nera bevanda e sulle relative macchine da caffè per uso domestico. Da quel momento si iniziò a studiare la metodologia necessaria per estrarre il caffè, ma quali sono oggi i metodi utilizzati? 

Una volta trasformati i grani verdi di caffè tramite la torrefazione, i chicchi sono pronti per essere macinati, in modo tale da ampliare la superficie di contatto con l’acqua e permettere l’estrazione delle migliori componenti aromatiche del caffè. I due grandi sistemi di estrazione del caffè si basano, il primo sul principio d’infusione e il secondo sulla percolazione” spiega Marco Bazzara, Sensory project manager e Academy Director della Bazzara Academy.  

Nell’infusione la polvere macinata di caffè è lasciata in acqua bollente o prossima all’ebollizione per più minuti. In questa categoria si distinguono ad esempio i decotti preparati all’etiope con la caffettiera jebena, ‘alla turca’ con l’ibrik, o appunto il caffè bollito. Anche la tecnica di preparazione con la caffettiera pressofiltro, che sfrutta prima la macerazione e poi la separazione della polvere di caffè dall’infuso, rientra in questo gruppo. La percolazione, invece, avviene quando un liquido attraversa una massa filtrante, nel nostro caso specifico, quando si verifica il passaggio di acqua bollente o quasi, attraverso uno strato di caffè macinato – continua Marco -. In questa classe di caffettiere rientrano tutte quelle che impiegano il metodo di filtrazione o l’utilizzo della pressione. Nella filtrazione l’acqua penetra il macinato fondamentalmente grazie alla forza di gravità (napoletana e caffettiera filtro). Con la pressione, le modalità principali sono due, ovvero a pompa per l’espresso o a vapore per la moka”.  

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