Esistono due diverse operazioni di tostatura: quello artigianale e quello industriale. La maggiore differenza tra le due è nell’intensità del calore e nei tempi di tostatura.
La tostatura artigianale consiste nel sottoporre i chicchi a una fonte di calore che aumenta progressivamente fino a temperature oscillanti tra i 200 e 230°C per circa 12-15 minuti. Negli impianti tradizionali sono presenti generalmente delle tostatrici a tamburo rotante e a ciclo discontinuo dove il caffè ruota all’interno di un cilindro le cui pareti e l’interno sono attraversati da un corrente d’aria preriscaldata.
Negli impianti industriali invece il sistema a ciclo continuo consente, grazie alla sua rapidità, di ottimizzare i tempi di produzione e una perdita minore di peso da parte dei chicchi. Tuttavia, ciò non permette una corretta formazione degli aromi.
Nelle fasi di tostatura il caffè subisce importanti trasformazioni fisiche e chimiche. Tra i più importanti cambiamenti fisici che avvengono nel processo di formazioni abbiamo un 18/20% di diminuzione del peso. Ciò è dovuto all’evaporazione dell’acqua e di molte sostanze organolettiche. Inoltre il chicco tostato subisce un rigonfiamento a causa della pressione di gas che si formano al suo interno.
Per quanto riguarda le modificazioni chimiche invece queste vertono alla riduzione di alcuni componenti come possono essere gli zuccheri, l’acqua (questa diminuisce di quasi 10 volte), gli acidi clorogenici e le trigonelline (meno quantità è presente e più è digeribile il futuro espresso)
L’analisi sensoriale del caffè è l’analisi del percepito che abbiamo da una tazzina di caffè espresso. Ma cosa significa “analisi del percepito”? Vuol dire che occorre valutare quello che arriva a livello di cognizione e di emozione alle persone che bevono, in questo caso, la nera bevanda. Con l’analisi sensoriale valutiamo ciò che percepiamo e per farlo abbiamo bisogno dei nostri cinque sensi, immancabile, tra questi, l’olfatto. Ma cos’è nel dettaglio l’analisi olfattiva? Lo abbiamo chiesto a Marco Bazzara, Sensory project manager e Academy Director della Bazzara Academy.
Specialty coffee è un termine che indica la qualità di caffè più alta disponibile, tipicamente relativa all'intera filiera, utilizzando caffè monorigine. Il termine fu usato per la prima volta nel 1974 da Erna Knutsen in un numero del Tea & Coffee Trade Journal. Knutsen ha utilizzato il caffè speciale per descrivere i chicchi dal sapore migliore prodotti in microclimi speciali.